Descrizione
Con Come ho incontrato i pesci prosegue la riscoperta di Ota Pavel, assieme a Bohumil Hrabal e Milan Kundera uno degli autori più importanti della letteratura ceca. Anche questa volta Pavel ci trasporta nella sua infanzia e nel magico mondo di Buštehrad. Si parla ovviamente della pesca, la grande passione del padre e dello zio Prošek (i due migliori pescatori del mondo), si scopre l’amore per la vita lungo i fiumi e attorno agli stagni mentre sullo sfondo tornano le ombre del nazismo e comunismo. Limpido e commovente è l’impegno del padre – mai arrendevole e mai triste – nel trovare di che sfamare e provvedere alla propria famiglia sia quando da liberi si navigava in un dignitoso benessere sia nel dramma della persecuzione. Ma per la prima volta tra le righe trapela anche l’amaro destino che attende l’autore, quella malattia che sorgerà improvvisa, dramma e miracolo allo stesso tempo, perché senza quella non avremmo avuto in dono queste splendide pagine.
Qui non si parla solo di pesci, ci sono gli alti e i bassi della vita, c’è la ricerca della felicità e della libertà che fanno sopravvivere alla sporcizia del mondo, alla storia e, persino, alla follia.
Non si può smettere di sorridere ed emozionarsi nella lettura di Pavel, la sua scrittura è una “magia che lavora silenziosamente”, e alla fine saremo tutti concordi nel pensare che il mondo sarebbe molto più povero e insignificante senza Buštehrad.
«Per un pescatore non c’è cosa migliore che cominciare a far conoscenza coi pesci da piccolo, quando si è ancora una fanciullina o un ragazzino. Quando a iniziarlo ai misteri della pesca è il papà, uno zio o magari un traghettatore. Nel nostro caso è stato il traghettatore Karel Prošek di Luh pod Branovem, che un po’ alla volta è diventato nostro zio.
È lui che ha insegnato a pescare non solo ai miei fratelli Hugo e Jirka e a me, ma anche a quel bel tipo del nostro papà. Forse lo zio Prošek era nato nella Berounka come i vodník ed era arrivato a Luh con la piena del fiume. Aveva dei bei baffi come quelli dei dragoni e una voce sonora, e anche una bella figura. Sapeva fare qualunque cosa al mondo. Arare e seminare, mungere le vacche, cucinare le patate alla carbonara, trovare funghi porcini e porcinelli rossi nei periodi in cui non ne crescevano, traghettare con la piena, intrecciare cestini, cacciare i caprioli, salvare le persone e la selvaggina mezza morta dal freddo, rompere il muso agli imbecilli, sapeva ridere».
Ota Pavel è nato a Praga il 2 luglio 1930. Il suo vero nome era Otto Popper. Il padre, commesso viaggiatore, durante la guerra si trasferì con tutta la famiglia a Bušteˇhrad, un paesino a poche decine di chilometri da Praga. Nonostante ciò, la guerra investì in pieno la famiglia e il padre con i due fratelli di Ota Pavel finirono nei campi di concentramento di Terezín, Mauthausen e Auschwitz.
Grande appassionato di sport, Pavel ha praticato l’hockey su ghiaccio nella squadra giovanile dello Sparta Praga e il calcio nello S.K. Bušteˇhrad. Nel 1949 si dedica alla scrittura come cronista sportivo. Nel 1964 appaiono i primi segni della malattia che lo costringerà a una lunga serie di ricoveri ma inizia anche il periodo più fecondo e creativo per la sua scrittura con la produzione di libri indimenticabili tra cui La morte dei caprioli belli.