Descrizione
Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che…
(Herman Melville, Moby Dick o la Balena, traduzione di Cesare Pavese, Adelphi)
Liberamente ispirato al capolavoro di Herman Melville
Disegni di Roberto Abbiati
PREZZO: €23,00
BROSSURA | PP. 288 | COLLANA LIMITED K
cm 21×21
Carta usomano Premium
Un libro unico, poche parole tratte dall’originale americano e bellissimi disegni. Splendide tavole – una per ciascuno dei 135 capitoli – dedicate al grande capolavoro della letteratura mondiale di Herman Melville.
L’autore Roberto Abbiati è disegnatore, grafico, attore, regista che con Moby Dick ha intessuto un dialogo intimo, una consuetudine di anni.
Ne è scaturito un poetico spettacolo teatrale e questo incantevole romanzo a disegni.
Tra i suoi lavori più recenti in campo editoriale anche il progetto della nuova edizione di Ian Fleming per Adelphi.
Dall’introduzione al volume.
Vita di un allibratore brianzolo
di Matteo Codignola
Roberto Abbiati ha cominciato a lavorare su Moby Dick molti anni fa, intagliando nel legno scene e personaggi del libro di Melville. Ha continuato, ricavando da uno dei romanzi più lunghi e densi della letteratura moderna uno degli spettacoli più brevi e aerei del teatro contemporaneo. Oltre quel piccolo miracolo di illusionismo teatrale – quindici minuti in cui quindici spettatori, chiusi in una scatola di legno buia che sembra il ventre di una baleniera, guardano gli oggetti di volta in volta illuminati sulle pareti, ascoltando la voce di Roberto raccontare, in un numero straordinariamente esiguo di parole, l’intera storia della Balena Bianca – sembrava difficile andare. E invece adesso Roberto è tornato a Moby Dick studiando un’altra possibilità, altrettanto estrema: raccontare il libro solo per immagini – una per capitolo – rinunciando a qualsiasi forma di testo.
Eppure, anche se la vicenda che ho appena riassunto parrebbe dimostrare il contrario, conosco Roberto quanto basta per garantire che la parola «ossessione» – troppo spesso e con troppa leggerezza strappata al suo ecosistema d’origine, i trattati di psicologia clinica – non gli si addice. No, Roberto non è ossessionato da Moby Dick. Le ossessioni non lo interessano, e del resto la maschera con cui ama presentarsi in pubblico – quella di un rude artigiano brianzolo, momentaneamente prestato a varie attività artistiche – non le prevede. In realtà, a Roberto piace semplicemente scommettere, o raccogliere scommesse: pensate che non sia possibile tornare su un libro già letto in tutti o quasi i modi possibili, e farlo sembrare raccontato per la prima volta? Vi farò vedere che non è vero.
E tuttavia, l’ultima delle sue scommesse – questa, che tenete in mano – Roberto probabilmente l’avrebbe persa, se non avesse seguito la sua vera, grande passione. Moby Dick è stato illustrato infinite volte, e almeno in un caso, quello di Rockwell Kent, con tavole talmente precise da identificarsi una a una col libro che le conteneva. Solo che Kent accompagnava ancora un testo, mentre per affidarsi esclusivamente alle immagini serviva altro. Serviva, certo, quella capacità virtuosistica di entrare nelle pieghe del racconto di Melville che Roberto ormai dimostra anche solo schizzando un cetaceo su un foglio a quadretti. Ma soprattutto servivano il culto maniacale – stavolta sì – del nero, e soprattutto l’uso maestoso del bianco, che Roberto ha sviluppato imparando, da ragazzo, le regole e i segreti della tipografia. Un’arte quasi estinta, e soprattutto favoleggiata, ormai. Eppure, se qualcuno decide di darle comunque la caccia, vale sempre la pena di imbarcarsi con lui.