Descrizione
L’incredibile storia di Moresnet, un luogo che non sarebbe dovuto esistere
Terra di nessuno è un libro sorprendente e divertente su come si possa raccontare la storia di un continente intero partendo da un piccolissimo lembo di terra letteralmente “dimenticato” durante la riorganizzazione dell’Europa al Congresso di Vienna…
Tutto è iniziato con Napoleone, una vasca da bagno in zinco e un geniale inventore…
Alla fine del Congresso di Vienna, nel 1815, una piccola porzione di territorio vicina a Aquisgrana scivola dimenticata – e indivisa – tra le mani dei rappresentanti degli Stati europei. Sia la Prussia sia i Paesi Bassi la rivendicano ma senza mai riuscire a trovare un’intesa. Prende forma così uno stranissimo accordo provvisorio che finirà per durare oltre cent’anni. Questa è la storia del Moresnet neutrale che conta una superficie di 3,4 chilometri quadrati e che resiste a ogni tentativo di spartizione e annessione. Allo stesso tempo non solo diventa un caso politico e di diritto internazionale ma anche fucina di fiorente economia, sperimentazioni filateliche e persino linguistiche, crocevia di fatti e costumi del XIX e XX secolo e anche eldorado per avventurieri, contrabbandieri, giocatori e sognatori di ogni genere.
La storia politica, sociale e culturale dell’Europa è davvero indimenticabile se vista e raccontata dall’angolo visuale di Moresnet.
Ancora una volta è un piccolo territorio a permetterci di guardare alla grande Storia, il tutto in un libro vivace, colto e divertente che è allo stesso tempo viaggio, omaggio, trattato di costume, reportage e saggio, racconto di un mondo scomparso, di una terra e di uomini che vivono letteralmente su quattro confini.
PER FARSI UN’IDEA DELLE SUPERFICI
Stato del Vaticano: 0,44 KM2
Moresnet: 3,4 KM2
Repubblica di San Marino: 61,2 KM2
PHILIP DRÖGE
Nato a Groningen (Paesi Bassi) nel 1967, Philip Dröge è autore di libri storici e giornalista. Ha collaborato tra gli altri con «National Geographic», «Forbes», «NRC Handelsblad» e «De Morgen» e ha presentato per anni una rubrica settimanale di informazione scientifica su BNR Nieuwsradio.
È fondatore di faqt, un’agenzia stampa di divulgazione scientifica. Ha pubblicato il bestseller Meesterspion (2002) sui legami tra il principe Bernhard dei Paesi Bassi e vari servizi segreti, De Schaduw van Tambora e Pilgrim.
STAMPA
Una straordinaria capacità di narrare i fatti storici. NRC HANDELSBLAD
Terra di nessuno è un libro sorprendente e divertente sulle persone piene d’iniziativa in una situazione unica. WDR 4
Dröge racconta una vicenda alquanto bizzarra in un modo affascinante e piacevole. AACHENER ZEITUNG
È grazie a Philip Dröge che ricorderemo Moresnet. Inoltre, la sua storia è molto attuale. Ci si chiede come possa l’appartenenza a una nazione determinare il proprio pensiero e il proprio sentire. La risposta è: non importa da dove vieni, ma chi sei. NDR “BÜCHERJOURNAL”
Moresnet, il “non-Stato” dimenticato dai Grandi
AVVENIRE
Lorenzo Fazzini
La cittadina mineraria tra Belgio, Olanda e Germania non venne assegnata dal Congresso di Vienna e per un secolo visse in apolide neutralità: tale «meraviglioso errore della storia» mostra l’illusorietà di ogni confine
Metti una miniera di un materiale ancora poco conosciuto (lo zinco), ma che si rivela con il passare degli anni sempre più importante per l’economia europea, e non solo. Metti il periodo post–napoleonico, con le potenze europee impegnate a disegnare nuovi confini sulla mappa del Continente, a tracciare nuove influenze geopolitiche e a distanziare popoli l’uno dall’altro. Metti un triangolino di terra boschiva tra quelli che un tempo erano i Paesi Bassi (poi diventato territorio belga) e la Prussia, una zona che vien «dimenticata» nelle trattative del Congresso di Vienna. Metti tutti questi, e altri, ingredienti, mescolali insieme, e ti salta fuori la storia incredibile, Moresnet, al confine delle attuali Germania, Olanda e Belgio, uno Stato–non Stato che tale è rimasto dalla sua nascita (1816) fino al congresso di Versailles (1920), quando – dopo la prima guerra mondiale – il fazzoletto di terra (3,4 chilometri quadrati) passa al Belgio.
A raccontare questa curiosissima vicenda, appoggiandosi su una monumentale ricerca storica fatta di documenti dell’epoca, archivi di comuni, aziende e Stati, testi specialistici ma anche memorie di semplici cittadini, è il saggista olandese Philip Dröge in un libro godibilissimo, che intreccia la grande storia europea e la piccola vicenda di questo borgo centro–europeo, per un secolo oggetto di un esperimento socio–politico particolarissimo. E che è giustamente definibile come recita il titolo, Terra di nessuno (in libreria da inizio maggio).
Con sagacia narrativa, Dröge parte da Vienna, 1815, quando i Grandi della storia «tracciano i confini con delle matite dalla punta grossa, così grossa che interi paesi scompaiono sotto le linee». E si dimenticano di una miniera di zinco tra Prussia e Olanda, un angolo di mondo che compare già nelle memorie di Plinio il Vecchio: nel 49 c.C. in un suo scritto c’è citato il nome di Kelmis, il centro abitato più rilevante (sponda prussiana) nei pressi di Moresnet. Il soldato romano e scrittore «giunge nei pressi della miniera – annota Dröge –. Vede degli abitanti che scavano il terreno in cerca di pietre. Le sue note sulla miniera costituiscono il primo documento che indica il Paese come luogo di ritrovamento della preziosa calamina», dal quale si ricava lo zinco e da cui il nome della città.
Quando nasce concretamente Moresnet? La data clou è il 26 giugno 1816 quando vien firmato l’accordo tra Paesi Bassi e Prussia: «Fino a quando il confine non sarà stabilito, i due Paesi amministreranno congiuntamente il territorio conteso e si divideranno i proventi della miniera – scrive Dröge –. Prenderanno una decisione solo quando si troveranno d’accordo tra loro.
Concordano di non inviare milita ri in questa zona di frontiera. Il territorio diventa neutrale». Il lettore si farà tante domande, Dröge le verga a nome di tutti: «Ci sarà una dogana? Quale legge si applica al territorio? Cosa succede se un ladro si rifugia al di là della frontiera del Moresnet neutrale? Chi si occuperà dell’amministrazione pubblica e in che modo? Chi riscuote le imposte e a quanto devono ammontare? Gli abitanti di sesso maschile devono prestare il servizio militare? E se sì, n quale esercito, quello prussiano o quello olandese?»
Ecco dunque sorgere quello che Camille Piccioni, docente della facoltà di diritto della Sorbona, definisce con parole quanto mai chiare, e al contempo indefinite: «Il Paese è unico nel suo genere, un meraviglioso errore della storia». Né Olanda né Germania. Gli abitanti di Moresnet – nel 1816 sono 250; nel 1853, sono quintuplicati, nel 1859 si sale a 695 – non appartengono a nessuno stato. Oh sì, hanno una loro nazionalità: nel 1853 852 di loro sono belgi, 807 prussiani, 204 olandesi, ma ben «695 sono neutrali, ovvero discendenti di coloro che abitavano nel territorio neutrale al momento della sua nascita nel 1816». Come fa a reggersi uno Stato–non Stato così? Prussia e Paesi Bassi (e poi Belgio, quando questo si stacca dall’Olanda e Moresnet farebbe «parte» del Belgio) decidono non decidendo: ovvero, che su quel territorio un tempo napoleonico debba restare in vigore la legge di Bonaparte, pre–Congresso di Vienna.
Moresnet deve la sua fortuna appunto alla cava di miniera di proprietà della Veille Montaigne, una società belga. Ma attorno agli scavi e alla lavorazione della calamina si accatastano i problemi delle città della prima rivoluzione industriale: mancanza di sanità, di istruzione, l’epidemia del gioco d’azzardo, la piaga della prostituzione. Tutto, senza un’autorità pubblica riconosciuta (solo un gendarme in azione). Dunque, Moresnet – dove si può pagare in moneta prussiana, belga, olandese e francese – è uno Stato o no? «Non vi è dunque una vera identità nazionale, si tratta di una società multiculturale avant la lettre – afferma Dröge –. Ogni confine è arbitrario, a seguito di una spartizione ci sarebbe sempre qualcuno che finirebbe nel Paese “sbagliato”». Tanto che sarà oggetto di un tentativo linguistico molto noto: i fautori dell’esperanto cercano di renderlo «il» territorio in cui si parla quella lingua che si voleva franca per un’Europa priva di nazionalismi. E che invece soccombe alla furia delle armi dal 1914 al 1918: dopo la Grande Guerra anche l’esperimento apolide di Moresnet finisce. Curiosità, a pochi chilometri dal «meraviglioso errore della storia» c’è Maastricht, la città olandese dove venne firmato il celebre Trattato, inizio dell’Europa unita.
Ma questa è, evidentemente, un’altra storia.
Esce per Keller uno straordinario volume di Philip Dröge su una vicenda europea poco conosciuta
IL MORESNET NEUTRALE, UNA STORIA SEDUCENTE
L’ADIGE
FABRIZIO FRANCHI
Questa è la storia di una striscia di terra che sarebbe apparentemente insignificante nell’ambito della grande storia europea. Un triangolino di tre chilometri quadrati che rappresenta plasticamente il disprezzo delle grandi potenze per le piccole storie degli uomini, ma anche la loro avidità e per certi versi la loro stolidità.
È la storia del territorio indipendente di Moresnet che si incunea tra Paesi Bassi e Prussia, tra Belgio e Germania.
Ce la racconta magistralmente philip Droge in un libro che esce ora per le editioni roveretane Keller, titolato inevitabilmente Terra di nessuno. Un libro che, attraverso la storia di un minuscolo territorio racconta la grande storia che si interseca con i destini degli uomini. Un territorio che si ritroverà a essere indipendente per caso…
[…]
Ecco Philip Dröge racconta tutto questo con felicità di scrittura e sapendo cogliere ogni intreccio con la grande storia, ogni contraddizione che matura lungo il percorso: dalla difficoltà dei matrimoni interregionali alla soluzione di controversie giudiziarie, tanto che – ironia della storia – sarà riesumato il diritto napoleonico…
Un libro che si legge con il piacere di un grande romanzo, ma è storia vera di un piccolo lembo di terra abitato da poche migliaia di persone…
Su un lembo di terra – 3,4 chilometri quadrati ricchi di zinco tra Belgio, Paesi Bassi e Germania – sorse dopo il Congresso di Vienna, e per circa un secolo, un Paese oggi dimenticato. Philip Dröge ne ha ricostruito le strabilianti vicende
NAPOLEONE AMA FARSI IL BAGNO… COSÌ MORESNET DIVENNE STATO
CORRIERE DELLA SERA – LA LETTURA
Marco Ostoni
Oggi lo si può intravvedere solo dall’alto, sorvolando lo spicchio di terra in cui Belgio, Paesi Bassi e Germania si incontrano sulla cartina, non lontano da Aquisgrana. Nel bosco si staglia un triangolo con sfumature di verde diverse da quello circostante, ultimo segno del taglio degli alberi abbattuti nel 1822 da Olandesi e Prussiani per segnarvi i confini. Ma occorre un buon colpo d’occhio, perché l’«errore della storia» chiamato Moresnet è così piccolo che in un paio di secondi sparisce alla vista anche dell’osservatore più acuto. Qualche migliaio di metri più sotto, dei cent’anni di vita andati in scena in questa minuscola fetta d’Europa – nata da un tratto di penna grossolanamente tracciato sulla mappa dai cartografi del Congresso di Vienna e conclusa esattamente un secolo fa – sono rimasti solo alcuni cippi doganali.
«Dove c’era la miniera di zinco attorno alla quale è vissuta la comunità di Moresnet ora c’è un parcheggio di autobus, per il resto non è rimasto alcun segno identificativo» conferma a «la Lettura» Philip Dröge, l’uomo cui si deve la «riscoperta» di questa misconosciuta pagina di storia, raccontata in Terra di nessuno, in libreria dal 12 maggio per Keller nell’ottima traduzione di Andrea Costa. E se la vicenda di quei 3,4 chilometri quadrati nel cuore dell’Europa ha dell’incredibile, non meno insolito è il modo in cui Dröge, giornalista e storico di Groningen con studi di linguistica alle spalle, ha preso la decisione di raccontarla. «Non ricordo come abbia conosciuto quella vicenda – ammette -. Forse me ne parlò mio padre, che amava raccontare fatti bizzarri del passato. Mi dev’essere rimasto in una piega della memoria finché nel 1996, trovandomi da quelle parti, mi tornò alla mente e mi balenò l’idea di scriverne. Ma prima di iniziare è passato molto tempo».
Quando ha deciso, Dröge s’è accorto di quanto lavoro fosse necessario per riportare alla luce una pagina di storia ricca e sconosciuta. «In pochissimi, anche in ambiente accademico, sapevano dell’esistenza di questo piccolo Stato – prosegue – per cui ho dovuto documentarmi a fondo, tra archivi, mappe e monografie ottocentesche per venirne a capo».
Ma non si immagini di aprire un saggio di storia quando si prende in mano Terra di nessuno. Perché l’autore è riuscito a raccontarla splendidamente questa storia, facendone una sorta di appassionante guida turistico-letteraria. Un viaggio nel tempo oltre che nello spazio condotto a più «voci», dove a «parlare» sono alcuni dei suoi protagonisti: l’inventore di Liegi Jean-Jacques Daniel Dony, che in cambio di un’avveniristica vasca da bagno in zinco donata a Napoleone, ottenne la prima concessione per scavare il prezioso minerale nella zona (già segnalata da Plinio il Vecchio); il giovane luogotenente dell’esercito belga Karl Schriewer,incaricato senza fortuna di fare del Moresnet la patria dell’esperanto; Françoise-Zoé «Fanny» Mosselman, figlia del proprietario della miniera, perfetta incarnazione del fascino femminile e abilissima nell’usarlo per aiutare l’impresa paterna negli anni centrali dell’Ottocento. «Fanny è l’unico personaggio femminile del libro – puntualizza Dröge – e deve la sua presenza a mia moglie. Quando capì che nelle bozze comparivano solo uomini, mi convinse a “cercare” una donna. E fece bene, visto che la biondissima imprenditrice è risultata tra le figure più interessanti di Moresnet», un mezzo rombo di terra incastrata tra Liegi e Aquisgrana senza eguali.
Moresnet nacque come risposta «temporanea» al mancato accordo fra Prussia e Paesi Bassi nel tracciare i propri confini in quel tratto dove sorgeva una miniera strategica per mezza Europa. E tale «dissenso congelato» durò decenni, a dispetto dei ripetuti tentativi per sanarlo; così quel fazzoletto di terra, grazie alla sua neutralità, all’essere un paradiso fiscale ante litteram, in cui vigeva il Codice napoleonico ma non l’obbligo militare, dove il gioco d’azzardo e il contrabbando impazzavano, passò gradualmente da un manipolo di 257 abitanti a qualche migliaio di cittadini con un chiaro senso di appartenenza. «La riprova – chiosa Dröge – che i confini possono costruire l’identità di un popolo». Quegli stessi confini, però, fu poi il vento della Grande guerra a spazzarli definitivamente via.